La mano
Articolo pubblicato sulla rivista "NEXUS" n. 108 - Inverno 2019
Excursus su una parola che è ubiqua nella nostra lingua. Elencare tutti i significati di “mano” è impossibile, ma qui di seguito ci si prova!
Il gesto di conoscenza o di amicizia che più ricorre oggi è quello di stringersi la mano. Ci trasmettiamo così, reciprocamente, una serie di sensazioni e/o sentimenti di riconoscenza, di stima, di amicizia, affetto o altro ancora con questo semplice e atavico gesto che ormai, quasi automaticamente, compiamo ogni giorno.
Attraverso la parte terminale del nostro braccio, normalmente il destro, comunichiamo anche quello che, diversamente, sarebbe difficile trasmettere o segnalare se non con una grande difficoltà e qualche volta con un certo imbarazzo. La mano, quindi, anche in questa circostanza interviene in nostro soccorso, ci aiuta a risolvere indirettamente un’altra serie di problemi o questioni che esulano forse dalle incombenze naturali per cui il buon Dio ha voluto che facesse parte del nostro corpo.
Per la verità un tempo le mani erano solo uno strumento dell’uomo per realizzare o costruire. Oggi, sono certamente poche le situazioni in cui, per capacità e competenza, possiamo dire ha le mani d’oro, perché sempre più rare sono diventate quelle professionalità come il falegname, il fabbro, il muratore e molti altri, che fanno della manualità la loro fonte di sostentamento.
Il semplice significato etimologico della parola mano non può essere, di conseguenza, relegato a uno sterile termine anatomico solo perché parte del nostro corpo. Essa, infatti, può racchiudere e interpretare, spiegare, caratterizzare, unire, rafforzare, distruggere, costruire e molto altro ancora a seconda delle situazioni e circostanze.
Poche altre parole, come mano, possono fregiarsi di questa peculiarità camaleontica di essere adoperate in ogni occasione, per ogni circostanza e, lasciatemelo dire, di poter fare la differenza in ogni nostra azione, in ogni nostro discorso.
Venire alle mani, darsi la mano, sono, per esempio, due diverse azioni certamente di opposto significato, di conflittualità nel primo, di amicizia e vicinanza nel secondo. Ma le mani possono anche essere per esempio bucate, ossia non capaci di contenere quello che si è guadagnato, quindi spendere troppo e oltre misura. Possono essere sporche o pulite e qui il doppio riferimento all’igiene e alla moralità è chiaro ed evidente. Chi non ricorda quel famoso film Le mani sulla città di Francesco Rosi, quale denuncia del malaffare e della speculazione edilizia nell’Italia degli anni Sessanta del Novecento?
Ma la mano può essere anche tesa, di aiuto, di conforto. Possiamo mettercela sul cuore, con tutta la sincerità, per cercare di fare del nostro meglio in una qualche particolare circostanza. Si può anche stare però con le mani in mano, ossia senza fare nulla e nemmeno cercare di fare qualcosa.
È possibile cedere la mano, quindi dare la precedenza, cosa che però non accade tutti i giorni.
Nel gioco delle carte possiamo passare la mano così come è possibile acquistare, per esempio, un’auto nuova o di seconda mano.
Utilizziamo la parola mano o mani insomma, attribuendole ogni qualvolta un significato o valore diverso, opposto, contrario. Ed è così che, una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso. Ma la mano la possiamo anche calcare finendo, il più delle volte, per avere il risultato opposto. Le mani ce le mettiamo nei capelli, usiamo dire, quando siamo in preda allo sconforto o alla disperazione o, in altri casi, finiamo per morderci le mani per questa o quella opportunità non colta, per pentirci o sfogare la nostra rabbia.
Quante cose ci facciamo con queste mani, quante cose ci dicono, quante cose ci trasmettono. Le mani possiamo metterle avanti per cautelarci e premunirci, possiamo avere la mano pesante, essere troppo duri, troppo severi. O addirittura le mani in pasta, termine italianissimo per indicare di essere bene introdotti o avere buone conoscenze.
Si passa, insomma, da una grande quantità di cose che possono fare le nostre mani ai molteplici e svariati significati di questa parola, sia essa adoperata al singolare o al plurale. Per viaggiare leggeri il bagaglio si preferisce a mano, così come, per passeggiare, lo facciamo molto spesso con la persona amata, mano nella mano. Le mani le alziamo quando dobbiamo menarle o, in segno di resa davanti al nemico. Le mani possiamo lavarcele e non solo affinché siano pulite, ma anche per scrollarci di dosso responsabilità che non vogliamo, così come fece Ponzio Pilato nella stolta decisione di non decidere. Le mani possono essere giunte per pregare, unite per bere l’acqua alla fonte o chiedere qualcosa.
Per Michelangelo, nella Cappella Sistina, la Genesi non è altro che il contatto tra due mani: quella di Dio e quella di Adamo.
Nelle mani del Capo dello Stato giurano il premier e i ministri della Repubblica. Nelle mani del Capo dello Stato il primo ministro rimette il suo mandato.
Tutto o quasi tutto accade con le mani, per le mani o attraverso le mani. Perfino quando, compiendo una azione disonesta, il mariuolo viene scoperto in flagranza, si dice che è stato preso con le mani nel sacco o con le mani nella marmellata. In altri casi, addirittura, dopo che tutto il possibile è stato arraffato, ci risulta naturale dire e pensare che è stata fatta man bassa.
Ormai la mano, o le mani, le mettiamo dappertutto. Le mettiamo in ogni luogo e in ogni dove, meno che in tasca. Addirittura sul bus, in tram o in vaporetto, luoghi notoriamente affollati, c’è spesso qualcuno che la mano… la fa morta. E quando, costretti ad affidarci a qualche struttura o qualche studio specializzato per risolvere i più disparati problemi, ci accorgiamo dell’incapacità o inaffidabilità degli stessi, siamo soliti affermare in che mani siamo capitati. È accaduto poi, recentemente in diretta TV, che un ministro della Repubblica denunciasse l’intervento di una manina misteriosa che, notte tempo, aveva modificato il contenuto di un decreto legge. Inedita ed esclusiva l’affermazione dello stesso ministro giù le mani dal decreto.
Povera mano, è il caso di dire, cosa non le facciamo più fare, dire, interpretare?
E pensare che una volta, la mano della nostra amata, dovevamo chiederla. Oggi non si fa più, non si usa più. Oggi la mano si prende e si lascia alla velocità della luce per poi magari riprenderne un’altra e lasciare anche questa con altrettanta facilità. Anche quello che era il più grande gesto di galanteria nei confronti di una signora, il baciamano, sembra essere fuori tempo, fuori luogo, un gesto al quale non siamo più abituati.
Ma di cosa ti vai a occupare, dico sempre a me stesso, soprattutto quando, presa carta e penna, rendo indelebili, da bravo amanuense, le mie riflessioni?
Cosa volete farci è sempre colpa mia. Il fatto, ormai risaputo, è che non sono certo il tipo che riesce a stare con le mani in mano. Una dote, però, una sola, dovete riconoscermela, ed è quella di essere un tipo molto alla mano.