Amicizia. Dolce Stil Novo!
Si parla quasi sempre d’amore, meno spesso di amicizia. Tuttavia l’amicizia sa essere altrettanto forte, pervasiva e totalizzante, ma forse richiede un’anima ancora più generosa, più nobile.
Sul modo di porsi, sulla cortesia e soprattutto sull’amicizia si sono scritti centinaia di volumi, diventando quindi impossibile o quasi poter aggiungere altro che possa farci capire di più o meglio su quei comportamenti che incidono non poco sui rapporti con le persone che ci circondano, che frequentiamo e che… ci vogliono bene.
Il concetto dell’amicizia è certamente quello più trattato e può differire da persona a persona, a seconda del modo di pensare, di essere o… anche delle radici di provenienza. Mi è dato di credere, infatti, che esso varia da paese a paese, da regione a regione, dove le diverse culture contribuiscono a delimitarne o a non limitarne i confini, gli spazi, le qualità. È secondo me, infatti, lecito credere che un amico a Roma, per esempio, venga inteso in un certo modo che è diverso da come viene concepito a Milano, a Napoli o a Palermo. Ho la convinzione che, più andiamo al Sud, e più il modo di interpretare, se così si può dire, l’amicizia, diventa sempre più avvolgente, penetrante, superando spesso anche i limiti della familiarità e parentela.
Qui, l’amico o l’amica diventa insomma una persona di famiglia,
che viene e va quando vuole, che sa tutto di noi se non addirittura di più e prima di noi, e a cui tutto è reciprocamente consentito. Come una persona che c’è sempre stata, un cugino, un fratello e nei casi più “seri”, un fratello gemello.
È, in molte circostanze, il solco dell’amicizia così profondo e gravido di affetti e comportamenti che non hanno eguali in nessuna altra parte del continente, ed è così forte e stretto il citato legame che, per contro, si rivela altrettanto travolgente e dissolutivo quando, malauguratamente, si interrompe o cessa, spesso per motivi anche banali e che in altre circostanze o luoghi non avrebbero avuto alcun peso.
Ho letto, nella vecchia corrispondenza di mio padre e un suo amico, scambiarsi frasi tipo “Un caro saluto fratello gemello!”, come se la parola fratello non fosse già abbastanza per rappresentare il legame di amicizia esistente.
Viene da chiedersi se l’amicizia al Sud non sia un’arte assai difficile da praticarsi.
Qui, infatti, un vero amico non deve chiedere all’altro un qualche cosa, perché non ce n’è bisogno, in quanto sarà preceduto dall’offerta spontanea dell’amico, che ha intuito la richiesta che sarebbe arrivata.
Lo so, è un po’ complesso e difficile crederlo, ma penso, anche per i miei trascorsi, di poterlo affermare con convinzione e disinvoltura. Andrei addirittura oltre.
Mi viene cioè di poter asserire che mettere l’amico nelle condizioni di fare una richiesta sancirebbe quasi “un’amicizia imperfetta”.
Ed è qui che trovo la risposta nella già citata corrispondenza di mio padre, dove ci si rivolgeva al “fratello gemello”, perché a volte tra loro due avveniva questo scambio mentale per cui magicamente si avvertivano le necessità reciproche.
Un altro aspetto dell’amicizia calda e meravigliosa del Meridione me lo fanno ricordare alcune situazioni a cui ho personalmente assistito e che non dimenticherò mai, non solo perché hanno come protagonista quel genio di mio padre, che non potrò mai tentare di emulare o dimenticare, ma anche perché per certi versi hanno così dell’incredibile che si fa fatica a raccontarle.
Ero allora poco più che un ragazzo e venne a trovarci un amico che papà non vedeva da almeno vent’anni. Si sarebbe fermato solo un paio d’ore, poi avrebbe ripreso il treno per rientrare nella sua cittadina al Nord, dove viveva ormai da molto tempo. Si videro, si abbracciarono, si baciarono e iniziarono a ridere. Si sedettero sul divano l’uno accanto all’altro, dandosi di tanto in tanto dei colpetti o stringendosi la mano mentre ridevano così allegramente. Ridevano così tanto che arrivarono fino alle lacrime. Non riuscivano neanche a parlare e il riso che, notoriamente è contagioso, prese anche noi presenti. Neanche il caffè, seppur forte alla meridionale, fece l’effetto di spegnere tante risate. Un paio d’ore dopo, più o meno, nel salutarsi, riuscirono a scambiare quattro parole, facendo una fatica immane per cercare di fermare il tanto ridere. Chiesi a mio padre come fosse andata, visto che non erano riusciti a parlare, a dirsi quasi nulla. Egli, tacendo, scosse la testa. Non potevo capire infatti, quante cose si erano dette con tutte quelle risate, tra veri, veri amici, fra tutti quei silenzi. È forse, questo, un altro aspetto misterioso e indecifrabile dell’amicizia meridionale che certamente la contraddistingue da tutte le altre.
Sulla maniera odierna di porsi, di discutere e dialogare, o sull’essere cortesi, molto invece si dovrebbe e potrebbe dire. Sembra che il terzo millennio abbia determinato anche un certo decadimento sulle modalità di intrattenere i rapporti interpersonali: la cultura del dialogo e del reciproco rispetto sembra essere ormai quasi del tutto accantonata.
Il teorema pare essere: “Ha ragione chi strilla di più” o, peggio, “Chi mena prima mena due volte”.
Un linguaggio spesso intriso di volgarità ha fatto regredire pensieri e comportamenti, non solo italiani per la verità, alimentando addirittura conflitti e diaspore internazionali. Sembra di essere tornati, per certi aspetti, nel Medio Evo, dove il volgare, ovvero la lingua del popolo contrapposta al linguaggio della cultura, cioè al latino, la faceva da padrone fino a che non venne nobilitato dai letterati al punto da diventare il Dolce Stil Novo. E viene allora naturale pensare che oggi il cambiamento non possa che avvenire attraverso il passaggio a un Nuovo Stile Dolce.
Chissà, forse la storia può ripetersi e riportarci in un periodo in cui si ricercava l’eleganza e la chiarezza nella semplicità, dove anche la donna, oggi vittima di femminicidio, può tornare a essere ammirata e apprezzata per ciò che è ed effettivamente vale.
Un Dolce Stil Novo che, per l’appunto, il grande Dante definiva così perché innovativo e pure armonioso. Dove la generosità d’animo sia intrinseca alla persona e la nobiltà non derivi dal diritto di nascita o di appartenenza ma dalla consapevolezza che essa risiede nell’animo.
Può sembrare utopistico, impossibile che possa realizzarsi, ma di tutto questo oggi, ne sono convinto, avremmo veramente tanto bisogno.
Foto: Nino Souza Nino da Pixabay