Venezia città vuota
Articolo pubblicato sulla rivista "NEXUS" n. 113-114 - Primavera-Estate 2020
La quarantena imposta per fermare il Covid-19 ha colpito gran parte del pianeta, ma a Venezia ha offerto un paesaggio forse ancora più straniante che altrove.
Vuota, immobile, senza vita. Questa è stata la Piazza San Marco, una delle più belle piazze del mondo, durante tutto il periodo più duro del Coronavirus.
Abbiamo vissuto, per circa 3 mesi, in una città praticamente deserta. Alberghi, negozi (tranne quelli di prima necessità), bar, ristoranti, uffici, banche, chiese, musei, teatri, tutto inesorabilmente chiuso. Come se un coprifuoco di 24 ore fosse stato decretato.
Ogni tanto, un battello o vaporetto solcavano le acque della Laguna. Nessuna o quasi altra imbarcazione, taxi acquei e gondole scomparse, desolatamente ferme e coperte da tele nei bacini.
Una città, insomma bellissima, inedita ma allo stesso tempo senza vita né anima e che nessuno di noi poteva lontanamente neanche immaginare. Le calli, i campi e i campielli così silenziosi e vuoti, erano diventati luoghi nei quali si aveva quasi paura a passare. I rii, con l’acqua ancor più ferma e verde che fungeva sempre e inesorabilmente solo da specchio naturale per tutti quegli edifici chiusi e già disabitati, moltiplicando quel senso di desolazione e solitudine a cui certamente non eravamo abituati. Attraversando i ponti ci domandavamo come fosse possibile quanto accaduto. Eppure era successo, lo stavamo vivendo.
L’abbiamo subito impotenti e preoccupati per tutte le informazioni che ricevevamo, per quelle che non ricevevamo, per il modo in cui ci venivano date. Ogni giorno tre, quattro TG delle diverse reti davano informazioni spesso diverse e tutto quello che era cominciato come una brutta influenza si era trasformato in una pandemia che ha, in Italia, fatto fino a oggi oltre 34 mila vittime.
Nel mondo i decessi sono oltre 500 mila. Terribile. Sono i numeri di una guerra non combattuta tradizionalmente, niente armi, niente bombe, niente cannoni. Una guerra diversa, contro un nemico invisibile agli occhi umani, ma che colpisce silenzioso e brutale preferendo i non più giovanissimi, tutti coloro già deboli per patologie pregresse.
È una guerra che in Italia stiamo, sembra, vincendo, e che al momento sta facendo poche vittime. In altre parti del mondo è ancora cruenta, non sappiamo quando si attenuerà. È un nemico subdolo il nostro, non solo perché non lo vediamo a occhio nudo ma anche perché il virus sembra abbia la capacità di modificarsi e quindi manifestarsi con sintomi e patologie diverse.
Multinazionali e case farmaceutiche sono alacremente al lavoro con tutti i loro laboratori di ricerca, tantoché la fase di sperimentazione sembra già essere iniziata. Auspichiamo presto che qualcuno di serio e di attendibile, magari anche per consegnargli il premio Nobel alla ricerca scientifica, annunci la tanto desiderata scoperta. Potrebbe significare la fine di un incubo, anche se, per ovvi motivi e memori di quanto accaduto, non dovremo mai più abbassare la guardia su fenomeni di questo tipo che, presto o tardi, si ripresenteranno.
Ma ritorniamo a noi, a Venezia. La pandemia può averla colpita, svuotata, snaturata. Noi, non possiamo e non dobbiamo svuotarla di quelle attenzioni di cui ora più che mai necessita. Dobbiamo semmai riempirla di contenuti e regole per la sua difesa e conservazione. Ne abbiamo l’obbligo, la responsabilità, soprattutto per contrastare chi ha a cuore solo il suo becero sfruttamento. Venezia è unica, è lo scrigno di una storia millenaria che né una pandemia pur durissima, né il non rispetto di taluni, possono o debbono minimamente offuscare.
Venezia è, al pari di un organo necessario e insostituibile del corpo umano, quella parte del paese Italia che più concorre a farci conoscere nel mondo.
Noi, più di ogni altro, fortunati, che la viviamo quotidianamente, dovremmo forse soffermarci di più per conoscerla, goderla, amarla, rispettarla e, con coraggio e determinazione, difenderla.
Foto: David Mark da Pixabay