Autunno… benedettino
Con la fine dell’estate comincia l’anno vero, quello di chi lavora e di chi studia, e siamo di nuovo tutti molto occupati; ma, per alcuni, l’autunno è anche un momento di riflessione.
L’estate è andata!
Le prime piogge continuano, per la verità assai insistenti e fuori dalla norma, confermando l’arrivo della nuova stagione. Uva, cachi, castagne e melograni in bella mostra, spadroneggiano sui banchi della frutta, nelle campagne e in montagna.
I vini novelli compaiono sulle tavole per i primi commenti di degustatori e sommelier. Discussioni sulla qualità e quantità della più antica, apprezzata e conosciuta bevanda, in tutte le sue variegate versioni, echeggiano sui quotidiani, in tv e sui social. Il nettare di Bacco, insomma, è argomento nazionale e non solo. Agli astemi non rimane che tabacco e Venere, con l’unica sostanziale differenza che, del primo e tanto più del secondo, non se ne può parlare, quantomeno con la stessa prolissità e, soprattutto, troppo pubblicamente.
Pullover e magliette della salute per gli uomini, canottiere e calze di nylon per le donne, vengono tirati fuori dagli armadi, in molti casi insieme a giacche e cappotti per i primi freddi. Con essi, calzature più accollate e più chiuse tornano a fare buona mostra di sé. È l’autunno!
È arrivato come sempre di soppiatto, quasi senza accorgercene, così come l’accorciarsi delle giornate. La luce che fino a qualche giorno fa rischiarava le nostre serate, si è improvvisamente affievolita, lasciando posto al buio.
Anche al mattino la luce si è presa un po’ di spazio in meno, quasi a volerci ricordare quello che accade anche la sera, con dispiacere dei mattinieri come me e per chi, la sera e con la luce, ne approfittava per rincasare più tardi e con più comodo.
E con questa stagione, com’è d’uopo, arrivano anche pensieri diversi, fatti nuovi o impegni che l’estate aveva momentaneamente sospeso.
Le scuole riaprono i battenti, i bambini e i giovani ritornano sui loro banchi per affrontare un nuovo anno scolastico. Si ritrovano tutti, compagni e amici, persino quelli che con le ferie estive avevano fatto perdere le loro tracce. Per ognuno di essi inizia un nuovo percorso didattico, per i più fortunati con gli stessi insegnanti, per altri con docenti diversi o addirittura in scuole o istituti che non avevano mai frequentato.
È, la scuola, l’elemento fondante di un moderno Stato che punta all’elevazione culturale dei suoi cittadini. È il fulcro e il baricentro su cui poggia il domani dei nostri giovani che amministreranno, guideranno e vivranno nel nostro Paese nell’ambito di una convivenza ben più ampia, più estesa. Avendo ben chiaro l’ineludibile concetto di un futuro sempre più multietnico e inclusivo, dove le diversità di idiomi, di religioni, di culture e di costumi, dovranno essere non elementi divisivi ma considerati unicamente valori aggiunti per una più moderna e pacifica società.
Internet, il web e tutti i vari social, a cui certamente se ne aggiungeranno sempre di più, non ci consentiranno di chiuderci, di esiliarci nelle già evanescenti frontiere nazionali o addirittura europee.
La crescita sempre più esponenziale della popolazione mondiale e con essa i problemi di soddisfare le sue esigenze e necessità, sono sempre più sentiti, più vicini, quasi impellenti e non possono scomparire per caso così come la luce, un profumo, un suono che si affievoliscono nel buio o nell’aria.
Tutti insieme bisognerà operare per affrontarli e risolverli per il bene di ciascuno, di tutta la comunità e l’Umanità intera.
Ed ecco qui la necessità di immaginare un futuro in cui il nostro, massimamente esteso, sostituisca il mio,
ormai deminutio di un passato trascorso e che non potrà più tornare in tutte quelle proposizioni o azioni del singolo uomo, come del singolo stato. Consapevoli che ieri è già passato remoto, oggi il futuro presente e domani, addirittura, il futuro anteriore.
Perché tutto ormai corre alla velocità della luce, senza sosta o rallentamenti. Anche il tempo sembra, ahimè, scorrere più velocemente, più rapidamente. Perché tante sono le cose da fare e che dobbiamo fare, tanti i nostri bisogni da soddisfare, troppi i nostri desideri da esaudire.
Ed è chiaro che, in questa esponenziale crescita di esigenze, di necessità, di richieste da esaudire e a cui dare risposte concrete, sarà sempre più difficile far fronte. Di qui la necessità di unirsi per studiare insieme le possibili soluzioni. Tutto questo, per la verità, già previsto e predicato da San Benedetto, fondatore dell’ordine benedettino, che scrisse, per i suoi monaci, le regole che prescrivevano Povertà, Obbedienza, un fortissimo impegno al Lavoro, Preghiera e Studio, tramandateci in maniera più sintetica con Ora et Labora.
I secoli trascorsi, considerato che l’illuminato Benedetto nacque intorno al quinto secolo dopo Cristo, non ci hanno compiutamente trasferito, forse perché non ritenuto importante per allora e fino ai nostri giorni, l’intera indicazione e insegnamento del monaco, ovvero: Ora, Labora et Lege!
Quasi come una premonizione, oggi più che mai, la regola benedettina ci spiega, invita e spinge sì al lavoro e alla preghiera ma anche, cosa non secondaria, allo studio. All’approfondimento di quei temi universali e non solo filosofici o teologici, a cui i giovani dovranno dedicare gran parte del loro tempo.
Ed è così che, l’autunno e San Benedetto, uniti insieme dalla mia visione immaginaria e personalistica, potranno contribuire a regalarci spunti di riflessione, considerato che intanto, fuori, continua a piovere!
Foto: Sven Lachmann da Pixabay